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Quel giorno a Hiroshima il mondo scoprì il terrore dell'atomica

di Marco Innocenti

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Domenica 07 Settembre 2008
Cronologia
Dopo la strage un atomo di pace

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Il 7 agosto Truman, con la solita aria dimessa da bancario in pensione, annuncia al popolo americano che l'operazione Hiroshima è perfettamente riuscita. Una sola bomba e tanti morti. Una nuova macchina segreta per uccidere. Il demone è uscito dalla bottiglia, la scienza ha aperto il vaso di Pandora. Si trattiene il fiato, pensando al domani. È l'inizio di una nuova era del terrore. Una mano scrive con rabbia su un muro: «Anche Dio si è sporcato le mani».

Il 9 agosto si replica a Nagasaki. Fat Man, la bomba al plutonio, fa 23mila morti e 40mila feriti, di cui molti moriranno. La prima guerra atomica è durata quattro giorni, dal 6 al 9 agosto 1945. Il 14 il Giappone chiede la resa. A New York, in Times Square, una folla immensa ride e piange, festeggiando la vittoria. L'America ha fretta di ricominciare a vivere in pace, una pace garantita anche dal "fungo proibito". Hiroshima e Nagasaki sono state un buon test, ora sono solo un ricordo. Scriverà Anthony Burgess: «Il problema non è come facciamo la guerra. Il problema è la guerra».

Da quel 6 agosto in cui l'America lasciò sulla pelle il marchio della vendetta di Pearl Harbor sono passati più di sessant'anni. A Hiroshima, nel parco della pace, è sorto il Memorial, per non dimenticare. La gente è mite e dolce, ma, dentro, conserva ancora le segrete ferite dell'anima. Ogni 6 agosto i ragazzi liberano nel fiume Hon Kawa migliaia di lumini galleggianti accesi come anime, per portare ovunque un appello di pace e ricordare all'uomo che tanti anni prima, con l'aiuto della scienza, aveva compiuto il primo tentativo di annientare se stesso. E ogni giorno, da allora, alle 8,15 la campana di un piccolo tempio suona per ricordare i morti ai vivi. Anche domani, se gli dei le saranno favorevoli, Hiroshima si sveglierà in un'alba chiara e luminosa, come quella di allora. In compagnia del suono di una testarda campana.

Digeriti fra le polemiche i "funghi" atomici del '45 («Avremmo condannato a morte i nazisti se avessero sganciato delle atomiche sulle nostre città», commenta Leo Szilard mentre Robert Oppenheimer, il "padre" della bomba, si ribella e cade in disgrazia), l'America, con gli altri "grandi" nella scia, cavalca con brio il nucleare. Il monopolio Usa salta nel '49, con il primo esperimento atomico del febbrile Stalin, simbolo di una guerra fredda che sta per scaldarsi in Corea. Washington investe pesantemente nella difesa e nel '52 riconquista per un attimo la supremazia con la prima bomba all'idrogeno, ma il suo sogno muore all'alba perché il gap è colmato rapidamente da Mosca. La competizione nucleare è serrata. Il "fungo" di Hiroshima diventa l'arma dell'egemonia mondiale, mentre il Giappone trova la sua rivincita in campo civile, tecnologico e commerciale.

La corsa al riarmo nucleare fra Usa e Urss, spinta dal complesso militar-industriale dei due Paesi, sfocia nell'equilibrio del terrore, paradossalmente positivo perché fa da dissuasore e da garante. Sotto l'ombrello atomico il mondo vive una stagione di pace relativa e malata ma preziosa. Negli anni Ottanta, mentre a Washington il ricordo di Hiroshima impallidisce, Reagan stressa il bilancio americano per stroncare Mosca in un confronto impari, costringendo il Cremlino al disarmo. Gorbaciov deve accettare il gioco e apre agli accordi sulla riduzione degli armamenti. Non si guarda più ai missili ma al Muro di Berlino, che cade come una patetica Bastiglia, e al comunismo che esce dalla Storia.

Sembrano, per un attimo, esserci le premesse per un nuovo ordine mondiale. È un'illusione. Far rientrare nella lampada il cattivo genio nucleare è un'utopia. Asse del male, scudi stellari, proclami bellicosi di Putin, diffusione nucleare, bombe sporche, rischio Iran, terroristi. Non è più equilibrio ma squilibrio del terrore: il fuoco atomico non si spegne, le spese militari crescono, il club dell'atomica si allarga, le ombre della minaccia nucleare si fanno sempre più inquietanti e il "Ragazzino" di uranio che annientò Hiroshima ormai sarebbe solo un petardo. «Abbiamo conosciuto il peccato – disse un pentito Oppenheimer – e non abbiamo più potuto dimenticarlo. L'arma assoluta sarà l'arma della nostra distruzione».

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